Prenotazioni scritte a mano. Esami che viaggiano su carta. Tempi dilatati. Dopo l’attacco ransomware di inizio maggio, l’Asl 1 dell’Abruzzo è tornata all’anno zero dell’informatica. La violazione perpetrata dalla cybergang Monti ha portato al furto di 522 giga di dati sanitari, tutti diffusi in rete, e al blocco degli apparati dell’azienda sanitaria locale di Avezzano, Sulmona e L’Aquila. A due settimane da quanto i criminali hanno rivendicato online l’attacco, l’operatività quotidiana in Asl 1 arranca ancora.
Quella subìta dall’azienda sanitaria locale è una delle più gravi violazioni della privacy mai avvenute in Italia, come ha certificato l’Agenzia nazionale per la cybersicurezza, i cui esperti sono intervenuti a sostegno dell’azienda sanitaria. Come Wired ha potuto raccontare, la gang Monti ha messo le mani su dati personali delicatissimi: analisi genetiche, valutazioni psicologiche di minori, cartelle cliniche di persone affette da Hiv, documenti del reparto di neonatologia o di quello di trapianti. E poi le informazioni dei dipendenti della Asl, documenti riconducibili ad appalti pubblici e acquisti, password e chiavi di accesso ai sistemi informatici. Un bottino che dal 15 maggio è stato diffuso in rete nella sua interezza, dopo che i criminali non hanno ottenuto il riscatto che reclamavano per decrittare i dati rubati. Un meccanismo chiamato doppia estorsione: i criminali sottraggono le informazioni, le esfiltrano e le mettono sotto chiave. A quel punto o la vittima paga o i dati finiscono in rete.
La situazione:
Carta e penna
Oltre a questo danno la Asl 1 paga conseguenze sulla tenuta delle sue infrastrutture informatiche, messe ko dall’attacco. Il ripristino procede a rilento. “Tra ieri e oggi [17 e 18 maggio per chi legge, ndr] in parte è stata sbloccata la situazione dei centri unici di prenotazione – spiega a Wired Anthony Pasqualone, segretario della Cgil Funzione pubblica (Fp, che rappresenta i lavoratori della pubblica amministrazione) -. Ma dentro i presidi ospedalieri e negli uffici amministrativi la situazione è bloccata”.
La Asl 1 dell’Abruzzo impiega circa quattromila persone, tra personale medico, infermieristico, amministrativi e altre figure. Serve un bacino di 320mila persone nella provincia dell’Aquila, che da sola occupa circa la metà del territorio regionale. A essa fanno capo quattro ospedali e due presidi territoriali di assistenza (pta). Una macchina ferma da due settimane, che fatica a ripartire. “L’attacco ha messo in ginocchio il sistema – prosegue il sindacalista -. Il personale che può lavora con i propri strumenti o usando il proprio cellulare come hotspot. Gli unici che possono accedere alle email sono quelli a cui era stato autorizzato il lavoro da remoto, una piccola parte”.
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di Luca Zorloni www.wired.it 2023-05-19 04:50:00 ,