Birra, rovinata dalla crisi del clima: sapore peggiore e prezzo più alto

Birra, rovinata dalla crisi del clima: sapore peggiore e prezzo più alto


Sono quasi trent’anni – dal 1994 – che nei principali paesi europei produttori di birra, come Germania, Repubblica Ceca e Slovenia, il luppolo matura prima del solito e produce molto di meno. Una notizia pessima per gli appassionati del settore, in particolare per gli amanti delle Ipa, varietà nella quale i toni amari dati dalla pianta sono particolarmente marcati. Secondo uno studio pubblicato su Nature communications la resa del luppolo potrebbe diminuire fino al 18% entro il 2050, e il suo contenuto di acidi alfa, responsabili del livello di amarezza della birra, potrebbe diminuire fino al 31% a causa del clima sempre più caldo e secco cui il pianeta va incontro. Le torride temperature hanno anticipato la crescita di nuovi germogli, che solitamente avviene in primavera. I ricercatori hanno scoperto che dal 1995, nelle regioni sotto indagine, si verifica mediamente venti giorni prima rispetto agli anni precedenti.

Questo inizio precoce genera quindi raccolti anticipati e compromette la qualità del prodotto, che – complice l’espansione del mercato delle birre artigianali e la tendenza dei consumatori verso gusti sempre più originali e decisi – rischia di non essere più in grado di sopperire alle elevate richieste. Il periodo critico di maturazione si è spostato nella parte più calda della stagione, il che ha un impatto negativo, appunto, sul contenuto di acidi alfa. “I bevitori di birra si accorgeranno sicuramente degli effetti del cambiamento climatico, sia nel prezzo che nella qualità, ha detto alla Cnn Miroslav Trnka, scienziato del Global Change Research Institute dell’Accademia ceca delle scienze, co-autore dello studio.

Birra: gli ingredienti a rischio

I risultati della ricerca mostrano come molte cose che oggi diamo per scontate siano sotto minaccia della crisi ambientale. ”Stiamo davvero assistendo a cambiamenti che stanno influenzando cose a cui teniamo – insiste Trnka – come il gusto della birra. Il cambiamento climatico può realmente avere un effetto su di esso, inficiando le materie prime che sono fondamentali per la produzione”. La birra viene prodotta dal 3100 a.C., ma oggi ognuno degli ingredienti che la compongono – acqua, lievito, orzo e luppolo – è minacciato dal riscaldamento globale. La disponibilità degli ultimi due, in particolare, dovrebbe diminuire del 20% entro il 2050.

I ricercatori hanno confrontato la resa media annua del luppolo aromatico nei periodi 1971-1994 e 1995-2018, riscontrando “un calo significativo della produzione” di 0,13-0,27 tonnellate per ettaro. La città di Celje, in Slovenia, ha registrato il calo maggiore nella resa media annua, pari al 19,4%. In Germania, il secondo produttore di luppolo al mondo, la resa media è diminuita del 19,1% a Spalt, del 13,7% a Hallertau e del 9,5% a Tettnang. Per compensare il calo sarebbe necessario aumentare di un quinto la superficie destinata alla coltivazione del luppolo aromatico rispetto a quella attualmente impiegata.

Il costo dell’adattamento

Sebbene questo studio si sia concentrato solo sui principali paesi europei produttori della pianta (Germania, Repubblica Ceca e Slovenia coprono da soli quasi il 90% della superficie totale dei campi di luppolo aromatico nel vecchio continente), Trnka afferma che possano essere rappresentativi anche di ciò che potrebbe accadere nelle regioni produttrici di birra negli Stati Uniti, come quelle del Pacifico nord-occidentale, dove le ondate di caldo da record si stanno verificando più spesso del solito. Con l’aumento delle temperature e la diminuzione delle precipitazioni, i coltivatori sono stati costretti a spostare le piantagioni in valli con più acqua e a modificare la spaziatura dei filari delle colture. Il tutto per poter innaffiare le piante con sistemi di irrigazione artificiale nei periodi critici.

Come rileva lo studio, questi sforzi sono necessari per assicurarsi di ottenere un luppolo che abbia la stessa qualità: gli investimenti non servono quindi ad ottenere nuove varietà o un amento del raccolto, ma soltanto a garantire il livello attuale: soldi che inevitabilmente dovranno rientrare sotto forma di aumenti del prezzo del prodotto finale cui la pianta contribuisce. La birra rimane una delle bevande più consumate al mondo: anche in un futuro più caldo – conclude lo studio – le persone troveranno comunque il modo di prepararla. Soltanto, potrebbe non avere lo stesso sapore e costare di più.



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di Massimiliano Cassano www.wired.it 2023-10-13 04:20:00 ,

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