La prima cosa mi sembra strana — e mi riferisco al caso D’Aversa, ma non solo — è che si perda la testa così facilmente pur sapendo che stare dentro al rettangolo da gioco è come essere al Grande Fratello. Questo ormai fa parte della vita di tutti i professionisti dello sport, dal calcio, al rugby, fino al basket. Le frasi ‘’non l’ho toccato”, “non sono stato io” non reggono più. La partita è vivisezionata, panchine e spalti compresi. Quindi allenatori e giocatori devono sapere che fa parte della loro vita essere ripresi per 100 minuti.
Quello di D’Aversa è un caso limite, ma anche i giocatori devono adeguare la reputazione al Grande Fratello. Una volta c’era la telecamera fissa su Maradona e Ronaldo il Fenomeno, adesso sta fissa su tutti. Quello di D’Aversa è stato un vero e proprio agguato, ma secondo me ancora più grave è stata la vicenda tra Italiano e Juric, che poi hanno fanno la sceneggiata di riappacificarsi. Non c’è più senso della cultura sportiva, il calcio giocato è paradossalmente relegato all’ultimo posto proprio da chi sta nello stesso mondo. Nessuno si preoccupa di vincere e predisporre una squadra forte per giocare meglio degli altri. Ormai a nessuno frega nulla di tutto questo e mi dispiace constatare di come Mourinho si sia comportato in un certo modo a Roma. Continua a dire che ha fatto due finali (ma non di Champions), ma ha gestito le cose fuori dal calcio in funzione del risultato, non del gioco. Questo è il punto. Gli allenatori devono darsi una regolata e cercare di far giocare bene le squadre rispettando gli altri. Ma se vincono creando tensione che esempio danni ai giovani? C’è un imbarazzo generale di tutte le componenti del calcio: l’odio tra Juve e Inter, tra Juve e Napoli, tra Catanzaro e Cosenza. Non è più sopportabile.
L’associazione calciatori e quella degli allenatori dovrebbero intervenire per frenare questa violenza incontrollabile: se i ragazzini di 16-18 anni pensano che perdere significhi essere falliti hanno reazioni inconsulte. E vado oltre il calcio: tra ragazzi di sesso diverso non c’è più la cultura di accettare un rifiuto. Non mi sono mai fidato della politica sportiva, si naviga dentro agli interessi più beceri. Ma se ci si mettono pure allenatori e giocatori…Non possiamo continuare a vedere Mancini che si comporta in quella maniera. Lo sa che le telecamere lo scrutano in tutti i modi? Io non sono contento di farglielo notare perché so bene in campo come funziona. E io non sono mai stato espulso. Ma deve adeguare la sua performance al Grande Fratello. Io una volta in un Catanzaro-Juventus ho dato un calcio a Paolo Rossi e me ne sono pentito soprattutto dopo aver conosciuto la bella persona che era. Un’altra l’ho assestata a Beccalossi a palla lontana. Ma il Grande Fratello ancora era lontano.