È colpa di noi maschi bianchi di mezza età se la donna per il tifoso è solo una bambola

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In un interessante articolo su Repubblica.it, Concita De Gregorio si chiede, in conclusione della vicenda di Greta Beccaglia, come mai buona parte delle giornaliste televisive che si occupano di sport aderiscano a un immaginario da pinup. La domanda è interessante e viene dopo una serie di considerazioni infinitamente più becere, tra le quali spiccano le rivendicazioni di professionisti del calibro di Littorio Feltri e Filippo Facci, il quale ha sostenuto – per pura provocazione, credo: fingere di essere nel torto paga sempre benissimo – di essere sessista, e che Beccaglia gradirebbe una pacca sul sedere al giorno, vista la notorietà che ne ha guadagnato.

A Feltri e Facci risponde il contesto nel quale operano, cioè un Paese in cui la loro presunta opinione controcorrente è invece diffusa in larghi strati della gente. All’amica Concita, non che me l’abbia chiesto, cercherò di spiegare come e perché, dal mio predellino spero consapevole di maschio bianco di mezza età e addirittura ex giornalista sportivo. Penso che la colpa sia nostra. E per nostra intendo di noi maschi bianchi di mezza età e addirittura ex o attuali giornalisti sportivi.

Perché siamo noi ad aver costruito un mondo patriarcale in cui l’immaginario femminile del tifoso è rimasto fermo agli Anni Cinquanta. Ed è anche colpa nostra se Beccaglia, che forse non vincerà mai il Pulitzer ma ha in tasca lo stesso tesserino mio, di Facci, forse Feltri perché a un certo punto era stato sospeso, ma anche di Concita, si è chiesta se portare i jeans attillati fosse un’aggravante. Ed è anche un problema nostro, colpa nostra, e non di chi accetta di farle, se le pubblicità che quelle “pinup” accettano di fare attengono esattamente a quel mondo.

Se Diletta Leotta pubblicizza boxer da uomo o riceve in abitazione, dentro uno spot di abbigliamento da lavoro, una serie di professionisti allineati per echeggiare un mondo altro, per accedere al quale un tempo si utilizzavano i videonoleggi, mentre oggi basta una connessione Internet ed eventualmente una modica cifra mensile.

È colpa nostra che abbiamo costruito un’estetica condivisa per cui il commentatore maschio può essere brutto, vecchio, anche incompetente – anzi: fa spettacolo – e sgangheratamente di parte, e avrà successo. Anzi: gli faranno fare la pubblicità del caffè. Mentre alle Greta, alle Diletta, alle ragazze che certi canali ancora sdraiano sui divanetti o mettono in cima a uno sgabello, a fronte di colleghi maschi assisi con le loro pance dietro una scrivania, è riservato un ruolo che prescinde dalle loro competenze.

Le quali, sorpresa, spesso ci sono. Ma vanno coperte col mascara per non dispiacerci. La stessa cattiva coscienza che, certo, talvolta scolora nell’indignazione pelosa, nelle tv che sfruttano quell’immaginario e poi sospendono il conduttore per aver detto con lieve ritardo quel che doveva dire. Che si assolvono col capretto espiatorio. Per dimenticare che la colpa di quelle pinup è tutta loro, è tutta nostra.

Giudizio: Ma che importa



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di Luca Bottura
espresso.repubblica.it
2021-12-07 08:07:00 ,

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