EO è una recente pellicola diretta dal regista polacco Jerzy Skolimowski che vuole essere un omaggio al film Au hasard Balthazar di Robert Bresson del 1966.
Mentre nell’opera di Bresson l’asino è considerato “l’emblema recettore del male inflitto, subito e metafisico”, in questo adattamento contemporaneo il regista rifiuta il carattere naturalistico della narrazione e offre una visione sfiduciata dell’uomo.
EO ha vinto il Premio della giuria al 75º Festival di Cannes ed ha ricevuto una nomination agli Oscar 2023 come Migliore film straniero.
Eo (nome onomatopeico che suggerisce il verso dell’animale, “ih-oh”) è un asinello grigio che “lavora” in un circo polacco ma, quando quest’ultimo è costretto a darlo via, comincia per Eo un’odissea, fatta di peripezie itineranti.
Il suo destino è trainato da un filo sottile, anzi da una corda di iuta che si trova nelle mani di casuali padroni e che ciondola sempre tra la sventura e la buona sorte.
La resilienza dell’asino
La scelta dell’asino non è affatto scontata, anche se nella credenza popolare è considerato un animale testardo, stupido o pigro, in realtà è molto paziente e socievole.
Inoltre l’asino è sempre stato votato alla soma, per il trasporto di ingenti pesi, e in questa ottica il fardello fisico diventa morale, costringendo Eo a subire e sopportare il male del genere umano.
Quando si trova al circo, Eo fa coppia con l’acrobata Kasandra e con lei ha un legame particolare: si tratta di un’intima comunicazione, fatta di carezze, dolci parole, un’unione di mente e cuore.
Ma il circo chiude, a causa dei debiti e delle contestazioni degli animalisti, contrari al maltrattamento degli animali nell’attività circense, così le strade dei due si dividono.
Per Eo ha inizio un viaggio rocambolesco all’insegna del pericolo e della sorte.
Attraversando paesi e ambienti diversi, fino ad arrivare in Italia, ma con un ruolo secondario rispetto ai cavalli, fieri e selvaggi, e costantemente sovraccaricato di pesi.
Quasi sempre trascurato, talvolta picchiato per bieca furia umana, in un’occasione salvato e in un’altra no.
Una visione allucinata
Eo è un film con poco dialoghi, se non verso la fine, si concentra sui suoni amplificati degli animali, sui respiri e i versi che vengono caricati di significato. I pensieri di Eo sono quasi tangibili, questo anche grazie alle riprese che inquadrano l’animale sotto diversi punti di vista e lo rendono empatico.
L’espressione sommessa e compassionevole, i sospiri di nostalgia nei confronti della padrona, il raglio di sofferenza, sono tutti momenti che ci avvicinano ad Eo in maniera ancestrale.
Lo sguardo che Skolimowski attribuisce all’animale non è soltanto circoscritto e sfocato ai lati ma diventa la visione del mondo da un punto di vista puro e naturale.
La pellicola aspira ad essere quasi senza autore, come se volesse identificarsi con il concetto di cinema stesso, con l’atto primigenio della visione, che da sempre è soggettivo e dettato dalle emozioni.
Emozioni, in questo caso, di un asino che percepisce la realtà in maniera semplicistica e irrazionale, senza capire profondamente cosa spinge l’uomo e ciò che lo circonda ad essere come sono.
Lo scopo di Eo, però, sembra essere proprio questo: mostrare l’umano e le sue caratteristiche, per lo più negative, attraverso gli occhi dell’innocenza e del bene.
La fotografia da documentario naturalistico irrompe prepotente durante l’arco del film, come quando il regista ci pone di fronte ad una scena estatica, in cui un gruppo di cavalli corre liberamente in mezzo a una campagna mentre Eo li guarda da dentro un furgone, triste.
Ma non mancano le luci neon di colore rosso, prese a piene mani da Gaspar Noè, una scelta stilistica che evidenzia i momenti più bui della narrazione e della vita del protagonista.
Eo conosce tante persone e le osserva mentre vivono ma non riesce a comprenderle, ne esperisce soltanto la violenza e la cattiveria umana.
Un cast misto che viene sfruttato poco e rende confusionaria la narrazione, facendosi abbagliare dal gusto della stranezza fine a se stessa.
Il progetto che è di grande interesse introspettivo sulla natura e sull’uomo si fa purtroppo sconclusionato e caotico. Peccato!
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di Veronica Cirigliano
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2023-02-10 10:19:41 ,