L’Antitrust Usa accusa il petroliere simbolo dello shale oil: Sheffield (Pioneer) colluso con l’Opec

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Colluso con l’Opec. E dunque indegno di entrare nel board di ExxonMobil. Sono accuse gravi, che potrebbero condurre a un’incriminazione, quelle rivolte contro Scott Sheffield dalla Federal Trade Commission (FTC), l’Antitrust Usa, che per dare via libera alla fusione tra la prima compagnia petrolifera statunitense e Pioneer Natural Resources ha posto come condizione la messa al bando del ideatore e ceo di quest’ultima, in carica fino allo scorso dicembre.

Il deal da 60 milardi di dollari si farà. Ma sulla carriera di Sheffield – uno dei protagonisti più noti e stimati nel mondo dello shale oil – cala un sipario infamante.

Kyle Mach, vicedirettore della divisione concorrenza della Ftc, ci va giù pesante: «La condotta passata di Mr Sheffield chiarisce in modo cristallino perché non debba trovarsi neppure nei dintorni della sala del consiglio di Exxon».

Commenti ancora più duri di quelli messi nero su bianco nel comunicato della FTC, che parla della necessità di impedire a Sheffield di «impegnarsi in attività collusive che potenzialmente farebbero salire i prezzi del petrolio, portando i consumatori e le imprese americane a pagare prezzi più alti per benzina, diesel, gasolio da riscaldamento e carburante per aerei».

Il linguaggio stesso scelto per giustificare l’ostracismo verso Sheffield rafforza il dubbio che si tratti di una manovra politica di sapore populista, consona con il periodo pre elettorale. A novembre si vota per la Casa Bianca, i prezzi alla pompa sono alti e Joe Biden è a corto di rimedi, visto che ha già fatto ampio ricorso alla vendita di barili dalla Spr, la riserva strategica federale.



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