“Non c’è tempo da perdere”

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“Non c’è tempo da perdere”. Lo dice a gran voce Arif Oryakhail, medico afghano, che in Afghanistan lavorava con l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e che lo scorso 15 agosto, giorno della resa della capitale afghana ai Talebani, ha lasciato Kabul con il ponte aereo italiano. Adesso è di nuovo a Roma, dove aveva studiato, e con “l’unità di Kabul” trasferita qui continua a lavorare per “coordinare gli aiuti umanitari e tutto quello che possiamo fare per l’Afghanistan”. Nel giorno della riunione straordinaria in videoconferenza dei leader del G20 sull’Afghanistan, presieduta da Mario Draghi, Oryakhail denuncia in un’intervista all’Adnkronos come nel Paese “la situazione umanitaria sia gravissima”, come “più della metà della gente non abbia cibo a sufficienza”, parla di un “sistema sanitario al collasso totale”, di “ospedali e centri di riabilitazione chiusi”.

“Non c’è tempo da perdere – ripete – Bisogna pensare a tutti gli aspetti della crisi in Afghanistan. Non solo dal punto di vista umanitario, ma anche dal punto di vista politico”. Bisogna “pensare al futuro di questo Paese” perché, osserva “se crollasse l’economia di questo Paese, se questo Paese crollasse, riprenderlo non sarebbe facile”. E, continua, “se crollasse anche quel poco che abbiamo fatto, recuperare questo Paese diventerebbe difficile”. Un “abbandono totale” dell’Afghanistan, incalza, significherebbe “il rischio del ritorno di Daesh (Is), al-Qaeda, dei gruppi terroristici”, il rischio che l’Afghanistan torni a essere un santuario del terrorismo.

‘aiuti per la gente devono arrivare al più presto, Talebani rispettino regole’

Come fare per evitare la più terribile catastrofe umanitaria? “Devono concentrarsi per far arrivare gli aiuti – risponde – Tutti hanno annunciato disponibilità, ma finora in Afghanistan non è arrivato nulla”. “E’ importante non perdere tempo – insiste – In Afghanistan gli aiuti devono arrivare al più presto. Devono arrivare a destinazione, alla gente bisognosa”. E’, ammette, “un lavoro difficile” e “i Talebani devono rispettare le regole degli aiuti umanitari”.

L’inverno è alle porte. “Sta arrivando un periodo freddo, molto freddo, con temperature che potrebbero arrivare fino a meno 20 – dice Oryakhail, che ricorda le sue due lauree in Medicina, in Afghanistan e a Roma – Come possono sopravvivere in questa situazione?”. Il riferimento è al “governo” annunciato dai Talebani, da due mesi di nuovo padroni dell’Afghanistan, dopo quello che per Oryakhail è stato un “ritiro improvviso” delle forze internazionali, al termine di 20 anni di missione, che ha lasciato il Paese, “abbandonato”, nel “caos”. “Non esiste un governo riconosciuto a livello internazionale – incalza – le banche non funzionano, i voli internazionali sono bloccati, le frontiere sono chiuse, non arrivano cibo né farmaci”.

‘per operazioni in ospedale pazienti devono comprare garze e bisturi, in Italia serve progetto per afghani evacuati da Kabul, non sono profughi’

Oryakhail racconta di “ospedali aperti che però purtroppo non ricevono farmaci”, che “non hanno nulla” perché di fatto dipendevano dai “donatori” e “la Banca Mondiale per il momento ha bloccato i finanziamenti”, racconta di strutture che “esistono”, di personale sanitario che “esiste, ma che da sei mesi che non riceve stipendi, medicinali, attrezzature”. “Chi va in ospedale per un intervento – prosegue – deve prima comprare tutto il necessario, dalle garze ai bisturi, e poi recarsi nella struttura per l’operazione. Oppure deve rivolgersi ai privati”.

E bisogna anche pensare agli afghani che sono arrivati in Italia con il ponte aereo nei giorni della corsa contro il tempo per le evacuazioni da Kabul. “Dopo un primo momento di euforia, perché erano contenti di essere stati salvati, per loro i problemi iniziano adesso”, ammette Oryakhail, che pensa all’integrazione “in un Paese in cui non conoscono né la lingua né la cultura”. Casa, scuola, lavoro, una famiglia da mantenere. “Ci vuole un progetto ad hoc per chi è stato evacuato – conclude – Non sono profughi. Li abbiamo portati noi qui. Il governo deve mettere a punto un progetto ad hoc per il riconoscimento dei loro documenti, per l’integrazione, per l’inserimento nel mondo del lavoro”.





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di [email protected] (Web Info)
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2021-10-12 12:06:45 ,

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