Race for glory – Audi vs Lancia, una bella storia ma una occasione sprecata

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Dopo il successo di Rush (2013) e Le Mans 66 (2019) continua il filone cinematografico relativo alle imprese del motorsport. Questa volta Hollywood lascia spazio ad una co-produzione italo-britannica con attori italiani ed europei. La storia racconta il dualismo sportivo nella stagione 1983 del Campionato Mondiale Rally vissute dalle equipe dei team Audi e Lancia. La pellicola è diretta da Stefano Mordini (Gli Infedeli, La scuola cattolica) ed è prodotto da Riccardo Scamarcio e Jeremy Thomas, distribuito in Italia da RAI Cinema.

Il produttore Riccardo Scamarcio interpreta Cesare Fiorio, direttore sportivo del team Lancia, il quale tra gli anni 80 e i primi anni 90 vinse ben sette mondiali costruttori. Il primo di questi, nel 1983 con la Lancia Rally 037 e gli altri sei con la mitica Lancia Delta Integrale. Il successo nei rally porterà poi Cesare Fiorio a dirigere il reparto corse della Scuderia Ferrari in Formula 1 dal 1989 al 1991. Il film inizia con una intervista a Cesare Fiorio da parte di una giornalista sportiva e subito dopo fa un salto indietro che mostra la dirigenza Fiat (proprietaria del marchio Lancia e vincitrice in passato di tre mondiali costruttori) voler tornare grandi dopo i successi negli anni settanta con la Lancia Stratos, lanciando la sfida ai tedeschi della Audi, i quali proprio in quell’anno stanno dominando con la loro Audi Quattro a quattro ruote motrici. Ad interpretare il villain è Daniel Brühl (Goodbye Lenin, Rush) che veste i panni del direttore sportivo tedesco Roland Gumpert, vincitore di due mondiali costruttori nel 1982 e 1984. Per battere i vincitori dell’anno precedente, per la stagione 1983 Fiorio riesce a mettere sotto contratto il campione del mondo in carica Walter Röhrl (interpretato dall’attore tedesco Volker Bruch), il quale ha vinto il suo secondo mondiale l’anno precedente con la Opel Ascona 400 e ha deciso di ritirarsi a vita privata, tuttavia la sua precedente conoscenza proprio con Fiorio e con il mondo Fiat con il quale ha vinto il suo primo mondiale nel 1980 con una 131 Abarth convincono il campione tedesco alla nuova avventura con la Lancia. La squadra torinese decide di portare in pista la Lancia Rally 037, praticamente una versione a tetto chiuso e più potente della Beta Montecarlo a trazione posteriore e motore centrale. Una scelta, quella delle sole due ruote motrici, che in apparenza appare poco vincente in confronto alle quattro ruote motrici Audi ma compensata da una maggiore leggerezza e quindi una maggiore velocità nelle gare su fondo asfaltato. I grattacapi per Fiorio sembrano venire maggiormente dal suo pilota, il quale, appagato dai suoi successi, decide di non disputare tutte le gare ma solamente quelle di suo gradimento, condannando così la squadra alla matematica sconfitta del mondiale piloti ma comunque più che in lotta per il campionato costruttori che maggiormente interessa al manager italiano. Tra rimonte spettacolari, sonore sconfitte, draconiani ordini di scuderia e terribili incidenti alla fine la Lancia riesce a vincere il suo mondiale ma una storia effettivamente avvincente come questa appare tratta in maniera un po’ imprecisa e decisamente troppo frettolosa.

Si dà molto risalto allo spirito di competizione tra i due direttori sportivi, i cui personaggi però non vengono approfonditi più di tanto. Cesare Fiorio appare come un manager decisamente impulsivo, scaltro ai limiti del truffaldino e a tratti aggressivo, ossessionato dallo sconfiggere il suo rivale, il quale viene rappresentato come una persona arrogante e nulla più. Un vero peccato quindi non aver sfruttato al meglio le capacità di Daniel Brühl, magistralmente già protagonista in Rush dove interpreta un meraviglioso Niki Lauda. Anche Walter Röhrl appare come un pilota quasi demotivato e stanco, concentrato sui suoi allevamenti di api, dove addirittura nel corso di una gara in Grecia si ferma da un apicoltore a bordo strada per assaggiare del miele rischiando di perdere la corsa. Anche l’unica figura femminile degna di nota, la dottoressa Jane McCoy interpretata da Katie Clarkson-Hill, non viene approfondita più di tanto, dà l’impressione di rappresentare una sorta di coscienza di Fiorio ricordandogli i pericoli e i rischi nelle corse da rally. La bravura di tutti gli attori e le attrici non è da discutere, quanto piuttosto la sceneggiatura e la fluidità dei dialoghi. Scamarcio recita in italiano mentre tutti gli altri attori sono doppiati, ciò rende i dialoghi e i confronti accesi poco scorrevoli e poco reali. A tutto ciò fa da contraltare una ottima realizzazione tecnica delle autovetture, rappresentate nei minimi dettagli e in maniera estremamente fedele. Le scene che rappresentano le gare sono avvincenti e tengono vivo l’interesse dello spettatore. Dal punto di vista storico ci sono però delle inaccuratezze: la squadra Lancia e i manager Fiat vengono tratteggiati come una sorta di Davide neofita che si batte contro i Golia dell’Audi. In realtà era proprio il contrario: la Lancia aveva già vinto ben tre mondiali tra il 1974 e il 1976 con modelli entrati nella storia come la Fulvia e la Stratos mentre la Audi rappresentava gli ultimi arrivati nel settore, seppur con un progetto vincente. Piuttosto singolare anche l’interpretazione dell’Avvocato Gianni Agnelli da parte del nipote Lapo Elkann in un breve cameo.

Race for glory racconta una bella storia, avvincente e interessante, ma manca clamorosamente di profondità e di caratterizzazione.

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di Alessandro Cristiano
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2024-04-12 12:56:05 ,

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