Non assomiglia certo al padre misericordioso della parabola del figliol prodigo, la vicenda affrontata nella sentenza di cui si è occupata la Cassazione (Presidente Francesco Genovese e consigliere relatore Alberto Pazzi) e che riguardava un padre che solo dopo molti anni ha deciso, o meglio ha dovuto riconoscere ufficialmente il figlio nato da una relazione con una donna sposata.
L’uomo ha pure provato a sostenere che solo da quel momento dovesse partecipare al suo mantenimento ma i giudici invece hanno stabilito che deve pagare anche gli arretrati per gli anni in cui non si era assunto le sue responsabilità.
La vicenda inizia con una sentenza del 2019 del tribunale di Savona che dichiara Carlo M. padre naturale di Pietro, ormai maggiorenne, e lo condanna a pagare alla madre di Pietro14.400 euro a titolo di rimborso pro quota delle spese da questa sostenute in via esclusiva per il mantenimento del figlio dalla nascita.
Madre e figlio però presentano appello chiedendo il riconoscimento di ulteriori spese di istruzione nonché, da parte del figlio, dei danni morali derivanti dal non aver potuto contare per tanti anni del sostengo affettivo e finanziario del genitore biologico.
La Corte d’Appello di Genova «riteneva credibile che il marito dell’appellante, nei primi anni di vita del bambino, si fosse disinteressato del mantenimento di quest’ultimo, come ritorsione nei confronti della moglie infedele, e confermava la decisione del primo giudice rispetto al mantenimento per tale periodo, ponendo le relative spese per metà a carico del padre riconosciuto». Non essendo invece provato che il padre legittimo e non naturale non si fosse preoccupato del mantenimento di Pietro in una seconda fase della sua vita condanna Carlo a pagare ulteriori 10 mila euro « pari alla metà della quota presumibilmente spesa dalla madre per il mantenimento del figlio».
Non solo. I giudici di appello aggiungevano « l’ulteriore importo di Euro 10.000, in considerazione del fatto che dall’adolescenza al dicembre 2005 quando Pietro aveva raggiunto l’autosufficienza economica, madre e figlio si erano allontanati dalla casa, per andare a vivere altrove, ed era venuto meno il contributo del padre putativo al mantenimento del giovane». Va detto che il marito legittimo, essendo venuto a conoscenza del tradimento della moglie fin dall’inizio avrebbe partecipato, secondo la donna, solo parzialmente al mantenimento del figlio non suo.
Carlo M. aveva ricevuto dalla madre di Pietro una lettera dell’avvocato di lei che lo informava che al compimento dei 18 anni Pietro era venuto a sapere chi fosse davvero suo padre e che quindi Carlo M. «avesse il preciso dovere non solo di contribuire economicamente per consentire al ragazzo una crescita professionale, ma anche di tentare di avvicinarsi al giovane per sostenerlo, quando invece era emerso che nessun rapporto era mai intercorso fra i due». L’uomo veniva così condannato a risarcire il danno endofamiliare, in cui possono ricomprendersi i cosiddetti danni morali, per altri 20 mila euro.
Carlo M. ha quindi tentato al strada del ricorso in Cassazione sostenendo intanto che fino al 2015 Pietro era stato riconosciuto come figlio dal padre putativo sposato con la donna che lo aveva partorito.
Ma la Cassazione ha respinto il suo ricorso sottolineando come « l’obbligo dei genitori di mantenere i figli sussiste per il solo fatto di averli generati e prescinde da qualsivoglia domanda, sicché tale obbligo ricorre anche per il periodo anteriore alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori».
Altro punto affrontato dalla Cassazione: « Il contributo dato dal padre putativo poi disconosciuto non costituisce un’esenzione per chi è stato dichiarato padre dal dovere di mantenimento, fin dalla nascita del figlio, che discende dalla procreazione, ma viene in rilievo come una situazione di fatto che ha determinato una riduzione delle esigenze di mantenimento di cui il figlio aveva necessità ed alle quali gli effettivi genitori dovevano provvedere».
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-12-24 13:00:00 ,genova.repubblica.it