Scattano in Alto Adige rigide regole anti covid da ‘rosso scuro’

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AGI  – In Alto Adige la via autonoma della gestione della pandemia di Covid-19 non ha ottenuto i risultati sperati. Già in lockdown duro da lunedì 8, da domenica 14 febbraio il territorio più a nord d’Italia adotta misure ancor più severe.

Il contagio da coronavirus non solo non accenna a diminuire ma addirittura aumenta. La situazione è molto seria e gli ospedali sono fortemente sotto pressione. I casi aumentano e, in proporzione, la contagiosità è più alta nelle vallate di montagna quest’anno drammaticamente spoglie dei turisti.

Nei paesi e nelle valli, luoghi anche ad alta concentrazione ‘no vax’, le norme di contenimento, distanziamento interpersonale per evitare assembramenti, non vengono sempre rispettate come, invece, accade nelle città di fondovalle.  

Senza il brulicare di turisti nelle fredde località di montagna –  la colonnina di mercurio è scesa anche sotto i -20 gradi – c’è decisamente poca attività. Negozi chiusi, impianti di risalita fermi, cucine spente in ristoranti e pizzerie, alberghi e tipici ‘Gasthof’ chiusi o senza ospiti, rendono il lockdown decisamente molto più pesante. Recentemente in un locale pubblico di Selva Gardena, 155 persone erano state denunciate dai carabinieri per violazione alle norme di distanziamento anti-Covid-19.

In Alto Adige, per l’Unione Europea ‘zona rossa scuro’, fino al 28 febbraio vigerà il regime di lockdown, il terzo dal marzo 2020. Per contenere la pandemia a fine novembre, al termine del secondo blocco totale, era stato organizzato uno screening di massa al quale aveva partecipato il 67% della popolazione.

Dopo le festività natalizie il Governo italiano aveva classificato la Provincia Autonoma di Bolzano ‘zona rossa’ ma immediate sono state le ire sia da parte del governatore Arno Kompatscher (“sono sconcertato dei dati del ministero”) che dell’assessore provinciale alla sanità Thomas Widmann (“i dati del ministero non sono veritieri, non possiamo accettare questa classificazione, i nostri numeri stanno pian piano migliorando”). 

Dal tutto aperto a gennaio al tutto chiuso di febbraio

Dal ‘tutto aperto’ dei primi di gennaio in meno di un mese è stato velocemente allestito un lockdown con la chiusura dei negozi ma anche dell’intera ristorazione (dai bar ai ristoranti), la didattica a distanza al 100% nelle scuole superiori ed il divieto di spostamento dal proprio Comune se non per motivi di lavoro, di salute o di urgente necessità.

Queste misure, però, non sono bastate. Nella nuova ordinanza si legge che sono “rigidamente proibiti tutti i contatti tra le persone, anche la visita di parenti e di amici ed è consentito solamente recarsi al lavoro nei settori ancora consentiti”.

Potranno restare aperti solo i negozi di generi alimentari e che vendono beni di uso quotidiano. Aperti i servizi sanitari e resta consentito l’espletamento di esigenze inderogabili ed urgenti come, ad esempio, la cura di genitori non autosufficienti.

Per quanto concerne le passeggiate e l’attività sportiva individuale, sono consentite solo nelle immediate vicinanze della propria abitazione ed in particolare partendo dalla propria casa. Resta consentita la visita al partner anche se in un comune diverso dal proprio.

Sui mezzi di trasporto pubblici e nei negozi, a partire dall’età di 12 anni, sarà obbligatorio indossare la mascherina Ffp2. Per quanto riguarda i bar non sarà più consentito nessun servizio di asporto mentre sarà ancora consentito il servizio di asporto di cibo dai ristoranti e quello della consegna a domicilio.

Verrà meno il servizio di ristorazione per lavoratori presso i ristoranti sinora consentito sulla base di appositi contratti ‘mensa’. Chiusi rifugi e baite di montagna. Le attività di cura della persona potranno restare aperte solo mediante prenotazione e con l’utilizzo delle mascherine Ffp2 da parte sia dell’operatore che del cliente. 

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