Conto alla rovescia per il verdetto nel caso di George Floyd. Una giuria a Minneapolis è riunita per decidere la colpevolezza o innocenza dell’ex agente di polizia Derek Chauvin, incriminato per l’omicidio del 46enne afroamericano un anno fa. Un verdetto atteso da un Paese in grande ansia, in una vicenda-simbolo delle tensioni razziali e sul comportamento della polizia.
I tre reati
Più in dettaglio, la giuria (sette donne e cinque uomini; sei bianchi, quattro neri, due multirazziali) deve esprimersi su tre reati di omicidio, di diversa gravità, nei confronti di Chauvin. I giurati possono decidere colpevolezza o innocenza su ciascuno dei reati, che non sono mutualmente esclusivi. I reati considerati cominciano con l’omicidio di secondo grado non intenzionale, che prescrive Chauvin abbia ucciso Floyd nel commettere un altro reato grave, in questo caso di aggressione. L’omicidio di terzo grado prevede che Chauvin abbia agito con azioni “molto pericolose” e nel disprezzo per i rischi per la vita altrui. La terza accusa, omicidio colposo di secondo grado, è di fatto per irresponsabile negligenza. Comportano rispettivamente un massimo di 40, 25 e 10 anni di carcere, ma le linee guida per la sentenza ridurrebbero una eventuale somma a 27 anni. I giurati hanno cominciato a riunirsi per quattro ore lunedì sera, al termine delle arringhe finali di accusa e difesa, e hanno ripreso alle 8 di mattina di martedì ora locale. Il verdetto deve essere unanime e può arrivare in ogni momento.
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Biden parlerà alla nazione
Il Presidente Joe Biden, nel segno del difficile momento attraversato dal Paese, ha già deciso di rivolgersi alla nazione subito dopo la decisione della giuria. Nelle ultime ore, con la giuria ormai isolata per le deliberazioni, ha chiamato la famiglia di Floyd per esprimergli la sua vicinanza e ha detto di “pregare che il verdetto sia un verdetto giusto”. Un segno del rilievo politico del verdetto, che ha portato alla luce le divisioni del Paese: denunce di irrisolto razzismo e violenza della polizia da un lato; accuse di eccessive critiche e volontà di tagliare i necessari fondi alle forze dell’ordine dall’altro. I repubblicani hanno attaccato le parole nei giorni scorsi del deputato democratico Maxine Waters che è parsa invitare a ulteriori proteste in caso di una assoluzione di Chauvin.
Lo stato d’emergenza
Nel clima di alta tensione in attesa del verdetto, a Minneapolis è stata mobilitata la guardia nazionale, almeno tremila soldati in tutto. E il governatore democratico del Minnesota Tim Walz ha dichiarato un preventivo stato d’emergenza autorizzando, se necessario, l’aiuto di forze dell’ordine da stati limitrofi. A Minneapolis numerosi business hanno chiuso e barricato gli ingressi. Le scuole hanno attivato lezioni remote. Altre città americane, da Philadelphia a Washington e New York, hanno preso misure d’emergenza.
Un processo durato 14 giorni
Il processo presso il tribunale di Minneapolis è durato 14 giorni effettivi, in gran parte utilizzati dalla pubblica accusa per presentare testimoni oculari, drammatici video ripresi da passanti e la testimonianza di numerosi esperti sull’uso e l’abuso della forza e i manuali della polizia. Lo stesso capo della polizia di Minneapolis, Medaria Arradondo, ha testimoniato che le azioni di Chauvin hanno violato le regole del Dipartimento. La difesa ha parlato per due giorni, cercando di sollevare dubbi sulle cause della morte di Floyd (ha citato il presunto concorso di cattive condizioni di salute e uso di stupefacenti) e asserendo che il ricorso alla forza da parte di Chauvin era ragionevole.