Ci sono ricette conservatrici classiche: l’appello a sforbiciate alle aliquote fiscali per la Corporate America e alla deregulation, a cominciare da “drill baby drill”, promesse di trivellare fino al “dominio” mondiale nell’energia. Ma nella nuova versione della Trumponomics, dell’economia secondo Donald Trump, si impongono anche e soprattutto ingredienti eterodossi del neo-populismo conservatore, rafforzato dalla scelta quale vice di JD Vance: l’eliminazione di imposte su mance e benefit pensionistici, guerre commerciali a tutto campo, esodi forzati di immigrati, mano pesante sulla Federal Reserve, sacrificata ad una presidenza muscolare. Nel mezzo, spazio a recenti passioni, dalle criptovalute a TikTok. Quasi inesistenti al contrario vecchie menzioni di serietà fiscale.
I piani del candidato repubblicano alla Casa Bianca hanno al cuore priorità familiari – dazi, sgravi e strette sui clandestini. In un mare di eclettismo, che tutttavia fa del Trump 2024 una versione sulla carta assai più aggressiva del grande improvvisatore salito alla ribalta nel 2016, parte dell’immagine di outsider incurante di accuse di alimentare caos o idee contradditorie.
Le posizioni più nuove sono rivelatrici di quella che i media Usa hanno battezzato la “malleabilità” di Trump. Togliere imposte sulle mance è popolare nei servizi, in particolare nella ristorazione dove gran parte del reddito è generato dalla generosità dei clienti. Il salario minimo federale qui si ferma a 2,13 dollari l’ora. La sua gerenza aveva tuttavia proposto semmai di trasferire le mance alle aziende per usarle a loro discrezione, per un danno ai lavoratori stimato in 5,8 miliardi l’anno. Senza contare i dubbi sugli effetti dell’esenzione: qualche aumento subito, a rischio di ridotta o assente previdenza futura.
Non è la sola posizione a sorpresa: se in passato Trump era stato un feroce detrattore di TikTok, parte della escalation di tensioni di sicurezza nazionale con la Cina (patria della casa madre ByteDance), oggi si atteggia a suo alfiere. «Salveremo TikTok» ha detto. E ha aggiunto senza batter ciglio: «A tutti coloro che sono su TikTok dico votate per me». Non manca, tra i critici, neppure il sospetto di favori al miliardario repubblicano Jeff Yass, grande investitore nella app. Ancora, ecco Bitcoin, che un tempo liquidava come speculativa e pericolosa: invita a donazioni e acquisti di prodotti elettorali in criptovaluta e annuncia la «difesa del diritto di estrarre Bitcoin». Di più: ad una conferenza sulla divisa digitale si è impegnato, parte della visione di fare l’America di nuovo grande, a trasformare il Paese in «capitale planetaria del cripto», «superpotenza di Bitcoin».
La deregulation delle criptovalute è in realtà cara alla nuova destra, contraria invece a progetti di più stabili valute digitali controllate dalle banche centrali. E l’arrivo di Vance al suo fianco segnala ulteriori ventate di populismo: il vice prescelto è noto per aver caldeggiato anche anatemi per il mondo imprenditoriale repubblicano, da aumenti del salario minimo a campagne antitrust sul big business. Il suo conservatorismo sociale lo vede promuovere incentivi fiscali alle famiglie perché abbiano figli, criticati da analisti conservatori come disincentivi al lavoro.